La me che ero, la madre che sono, la me che sarò

Il processo che accompagna ogni donna al divenire madre prevede una trasformazione interna necessaria, ma non affatto semplice. Le variabili in gioco sono molteplici e hanno a che fare con diversi e complessi piani.

Il primo è sicuramente quello di “aggiungere” alle proprie identità di figlia, di compagna o sposa, di amica, di lavoratrice, l’identità di madre, anche se in realtà questa “nuova sé” non sarà semplicemente un’ulteriore identità a sé stante, ma al contrario si espanderà ed arriverà ad essere la base sottostante delle altre identità. D’altronde, nel momento in cui madre si diventa, lo si è per sempre e necessariamente tutto il resto, ogni altro aspetto ne è pervaso.

Il secondo aspetto riguarda la modalità in cui si è madre, il proprio modo di esserlo è diverso da ciascun altro modo di essere madre, ad esempio da quello della propria, delle sorelle o delle amiche; inoltre è diverso, in parte, da quello che sarà con altri eventuali figli.

Se partiamo dal principio, l’immaginario di diventare madre nasce nel momento stesso in cui si desidera, si pensa, si fantastica sull’idea di avere un bambino. Quando l’idea diventa vita, quando due linee blu ci avvertono della presenza ancora nascosta di un cuoricino che batte in una pancia non ancora tonda, lì avviene il primo importante passaggio, che genera, come nel corpo della donna, l’”annidamento” dell’idea della grande trasformazione che avverrà. Il primo trimestre di gravidanza spesso è caratterizzato da incertezze, confusione, tante emozioni contrastanti fra di loro: felicità, gioia, ma anche paure, timori, ansie… nella testa, e nella pancia della mamma, frullano tante domande: andrà tutto bene? Riuscirò ad avere la mia vita di prima? Cosa accadrà sul piano lavorativo? E a noi come coppia? Sono molto felice…ma come sarà la mia vita con un figlio?

Il secondo trimestre, proprio come accade a livello fisico, è spesso più tranquillo. Le ansie e i timori lasciano spazio ad una grande voglia di fare, a tanta energia utilizzata nei modi più diversi (pensare e preparare gli arredi per la futura cameretta, frequentare i negozi di abiti per neonati, prendersi del tempo anche per fermarsi, ascoltare il proprio bimbo che inizia a farsi sentire ed iniziare ad instaurare un’importante relazione con lui) e desiderio di mostrare quel pancione che inizia a prendere forma. Il terzo trimestre prepara alla conoscenza vera e propria, spesso, complice il congedo dal lavoro, aumenta il tempo per sintonizzarsi con il proprio bambino: si ricercano attività di movimento, di lettura, di confronto o di supporto che preparino al grande momento in cui ci si conoscerà di persona: il parto. Si cerca di mettere da parte le voci esterne, per focalizzarsi sulla relazione con il bambino. Spesso, anche le aspettative, gli immaginari di come il proprio bambino sarà, vengono accantonati per aprirsi al bambino che sarà realmente.

Quando il bambino nasce, con lui, e per la prima volta, nasce anche una mamma!

Nei primi mesi del bambino l’assetto materno occupa gran parte della vita della madre, l’esperienza di divenire madre è totalizzante. Accudire un neonato 24 ore su 24, è un compito complesso e faticoso, a tratti estenuante. Le emozioni della madre possono essere molto diverse: c’è chi si sente molto insicura nello svolgere il proprio nuovo ruolo: il pianto del bambino a volte di difficile comprensione, può creare nella madre una sensazione di inadeguatezza. In realtà studi dimostrano come sia importante che la madre sia insicura: l’insicurezza fa sì che lei si possa sintonizzare momento per momento sui bisogni specifici del bambino e che possa poi rispondervi adeguatamente. I bambini non hanno bisogno di un adulto che sappia subito interpretare i suoi segnali, quanto piuttosto di un adulto che tenti di capirli, che metta in gioco se stesso, che ci provi e riprovi, che stia nella relazione. Il primo grande insegnamento che i bambini danno a noi adulti, e che a volte iniziano a manifestare anche nel pancione, è che spesso le cose non vanno proprio come ce le eravamo immaginate, la realtà è diversa da come l’avevamo in mente, ma loro, i bimbi sanno esattamente dove guidarci per farci trovare la risposta di cui noi e loro abbiamo bisogno.

Altre mamme, al contrario, si scoprono capaci. Capaci di organizzare e gestire la routine e la quotidianità di cui un neonato necessita, capaci di capire di cosa il loro bambino ha bisogno, capaci di prendersi cura di lui/lei… cosa che non avrebbero mai pensato prima.

Ciò che invece accomuna gran parte delle mamme è la sensazione che le cose cambino radicalmente, e spesso è realmente così, negli ambiti della coppia, della famiglia di origine, delle amicizie e del lavoro.

La coppia, in primis, deve aprirsi alla nuova vita che cambia gli equilibri familiari precedenti, per forza di cose passa un periodo di crisi. Non sarebbe possibile senza questa crisi accogliere un neonato che richiede tante e vitali attenzioni. Le attenzioni che prima del suo arrivo erano tutte per il/la partner, ora devono riversarsi sul bambino per garantirne la sopravvivenza. Dall’altro lato però, è altrettanto importante, con tempi e modalità che saranno differenti rispetto a prima, continuare a coltivare la coppia intesa come coppia che si ama, prima ancora di intenderla come coppia genitoriale. “L’aversi in mente”contribuisce a non creare silenzi e muri che a volte si alzano a seguito di incomprensioni: si riesce a stare insieme in modo diverso rispetto a prima, a volte i piani che si avevano in mente vengono cambiati in itinere per imprevisti legati alla cura dei bambini, ma la cosa importante è provarci. Se il risultato non sarà sempre quello desiderato, se le cene fuori dureranno meno, se i momenti di intimità saranno meno frequenti e dovranno essere ritagliati in momenti ad hoc, l’importante sarà comunque l’averci provato insieme e come coppia, avendo presente che la coppia è il caposaldo dell’intera famiglia. Il papà spesso aiuta la mamma a “ricordarle” di essere anche partner, oltre che mamma. Lasciamogli svolgere il suo importante ruolo!

Diventando madre si ha la possibilità anche di rileggere e rivivere il proprio essere figlia. Ci sono mamme che desiderano discostarsi drasticamente dalla modalità educativa e di accudimento della propria madre, altre che invece la sentono propria, facendone il loro esempio; altre ancora che la condividono ma solo in parte. Questo fa sì che si generino anche contrasti e discussioni con la propria madre o la propria famiglia di origine in generale… quando nasce un bambino, oltre ai suoi genitori, nascono anche dei nonni che devono trovare anch’essi equilibri, spazi di relazione e condivisione. L’equilibrio iniziale si modificherà nel tempo a seconda della crescita del bambino, delle esigenze dei genitori, della modalità dei nonni di saper essere di aiuto senza interferire con il ruolo dei propri figli che sono diventati a loro volta genitori. Anche in questo caso la comunicazione è importantissima per evitare che si creino fraintendimenti, discutere in modo costruttivo è una modalità che porta buoni frutti. Ovviamente, il lavoro interiore personale comune ad ogni neo mamma che riguarda i propri vissuti interni nei confronti della propria madre e del suo maternage, è tanto più semplice quanto più lineare e con pochi “nodi” è/è stata la relazione con lei. Ma, ancora una volta, la grande possibilità che ci danno i bambini è quella di rileggerla, rielaborarla, andare a cercarne i nodi per poterli, infine, sciogliere.

Ancora, l’ambito delle amicizie, del tempo libero per poterle coltivare, il tempo per se stesse e per i propri hobby è una delle tematiche che le mamme riportano con maggiore frequenza. Soprattutto quando le persone più vicine vivono momenti differenti di vita, ad esempio sono single oppure non hanno figli, là la fatica è maggiore. A volte ci si può sentire escluse, giudicate, allontanate… altre volte, le più fortunate, le amicizie perdurano nel tempo. Cambieranno i modi di vedersi, il tempo a disposizione, ma anche questa area della propria identità verrà recuperata.

L’assetto materno infatti se inizialmente a macchia d’olio si allargherà inglobando tutte le identità, via via col passare del tempo troverà il suo spazio… per emergere poi non appena il bambino dimostri il suo bisogno.

Infine, ma non per ultimo e non meno importante, c’è l’ambito lavorativo. Questo più di tutti sarà quello per cui la madre sarà attanagliata, quello per cui dovrà scendere a maggiori compromessi. “Devo rientrare non appena conclusa la maternità o posso prendermi altro tempo? Come reagiranno i miei colleghi e il mio responsabile? Cosa hanno fatto prima di me le colleghe mamme? Cosa sarebbe bene fare per me e il mio bambino? E quando mio figlio non sta bene, lo lascio con la baby sitter… che madre sono a comportarmi così? Ma se sto a casa da lavorare per un vaccino, cosa penseranno di me?...”. Non ci sono risposte predefinite e giuste, non c’è un protocollo da seguire. Ogni mamma, ogni bambino, ogni famiglia è una situazione a sé stante. La risposta giusta la trovano quei genitori lì, con quel bambino lì, in quel momento lì… ma le cose si modificano nel tempo e a volte può accadere che, dopo aver trovato una soluzione che sembra quella giusta, vada rimessa in discussione e modificata. L’equilibrio è un equilibrio in continuo divenire, come in continuo divenire sono i bambini. I loro cambiamenti sono così veloci che inevitabilmente anche tutto il sistema che li circonda deve essere pronto a modificarsi.

 “Il processo che dà luogo alla nascita dell’assetto materno attraversa varie fasi: perché si formi una nuova identità è necessario anzitutto che vi prepariate mentalmente al cambiamento, per poi affrontare un intenso travaglio emotivo che farà emergere nuovi aspetti di voi stesse; infine dovrete assumervi il compito di integrare con il resto della vostra vita le trasformazioni già avvenute. Tutto ciò avviene mentre siete impegnate a far crescere un bambino che sconvolge la vostra routine quotidiana, vi tiene sveglie di notte e richiede interamente la vostra attenzione.

Però quando guarderete in retrospettiva alla vostra vita, essere diventata mamma vi sembrerà una delle imprese più straordinarie che abbiate mai realizzato”

Nascita di una madre, D. Stern e N.B.Stern

 

Sonia Pellesi

psicologa psicoterapeuta